Attitudine
transreligiosa e presenza del sacro.
3ème Millénarie n. 43 – Traduzione dela Dr.ssa
Luciana Scalabrini
Basarab Nicolescu è un fisico teorico del
CNRS, presidente del Centro Internazionale di Ricerche e Studi
Transdisciplinari.
Il problema del sacro,
come presenza di qualche cosa di irriducibilmente reale nel mondo, è
incontrovertibile per ogni approccio razionale della conoscenza. Si può negare
o affermare la presenza del sacro nel mondo e in noi stessi, ma si è sempre
obbligati a riferirsi al sacro, in vista di elaborare un discorso coerente
sulla Realtà.
Il sacro è ciò che unisce.
Il
suo senso risale all’origine etimologica della parola “religione” (religare),
ma non è di per sé l’attributo di
una o di un’altra religione: “Il sacro
non implica la credenza in Dio o in dei o in spiriti. “E’… l’esperienza di una
realtà e la sorgente della coscienza di esistere nel mondo” scrive Mircea Elide. Essendo il sacro anzitutto una
esperienza, si traduce con un sentimento (il sentimento religioso) di
ciò che unisce gli esseri e le cose e, di conseguenza, induce nella profondità
dell’essere umano il rispetto assoluto delle alterità, unite dalla vita
comune su una sola e stessa terra.
L’abolizione del sacro ha condotto
all’abominio di Aushwitz e ai venticinque milioni di
morti del sistema stalinista. Il rispetto assoluto delle alterità è stato
rimpiazzato dalla pseudosacralizzazione di una “razza” o da un “uomo nuovo”
incarnato da direttori eretti al rango di divinità; l’origine del totalitarismo
si trova nell’abolizione del sacro. Il sacro, in quanto
esperienza di un reale irriducibile, è effettivamente l’elemento essenziale
nella struttura della coscienza e non un semplice stadio nella storia della
coscienza.
Quando questo elemento
è violato, sfigurato, mutilato, la teoria diventa criminale. In questo contesto, l’etimologia della parola “sacro” è altamente
istruttiva. Questa parola viene dal latino “sacer” che vuol dire “ciò che non
può essere toccato senza sporcare” ma anche “ciò che non può essere toccato
senza essere sporcato”. “Sacer”
designava il colpevole destinato agli dei degli
inferi. Nello stesso tempo, per la sua radice indo-europea “sak”, il sacro è legato al “sancuts”. Questa
doppia faccia sacra-maledetta è la doppia faccia della
stesa Storia, con i suoi balbettamenti, le sue contorsioni, le sue
contraddizioni che a volte danno l’impressione che la Storia sia un racconto di
pazzi.
“Il nostro secolo, con la psicoanalisi, ha
riscoperto i demoni nell’uomo; la prova che ci aspetta è ora di riscoprire gli
dei” diceva Andrè Malreaux nel 1955. E’ paradossale e significativo
che l’epoca più desacralizzata della Storia abbia fatto sorgere una delle
riflessioni più profonde sulla questione del sacro. Il problema irriducibile
del sacro attraversa l’opera di pensatori e creatori molto differenti del XX secolo, artisti e poeti ma anche scienziati ispirati,
maestri di vita e maestri di pensiero. Il modello transdisciplinare della
Realtà getta una nuova luce sul senso del sacro. Una zona di assoluta
resistenza lega il Soggetto e l’Oggetto, i livelli di Realtà e i livelli di
percezione. Il “movimento” in ciò che ha di più generale, è la traversata
simultanea dei livelli di Realtà e del livello di percezione. Questo movimento
coerente è associato simultaneamente a due sensi, due direzioni: un senso
ascendente (corrispondente a una salita attraverso i
livelli di Realtà e di percezione) e un senso discendente (corrispondente a una
discesa attraverso i livelli). La zona di resistenza assoluta appare come la “sorgente
di questo doppio movimento simultaneo e non di livelli di Realtà e di
percezione: una resistenza assoluta appare come la “sorgente” di questo doppio
movimento simultaneo e non contraddittorio, della salita e discesa attraverso i
livelli di realtà e di percezione: una resistenza assoluta e
evidentemente incompatibile con l’attribuzione di una sola direzione (di salita
o di discesa) precisamente perché essa è “assoluta”.
Questa zona è un “aldilà” in rapporto ai
livelli di Realtà e di percezione, ma un aldilà unito ad essi.
La zona di resistenza assoluta è lo spazio della coesistenza
della trans-ascendenza e della trans-discendenza. Come trascendere è legato
alla nozione filosofica di trascendenza (trans = al di là, ascendere = salire);
come trans-discendente è connesso alla nozione di immanenza.
La zona di resistenza assoluta è di volta in volta trascendenza immanente e
immanenza trascendente. L’espressione trascendenza immanente mette l’accento
sulla trascendenza, mentre immanenza trascendente mette l’accento sulla immanenza. Perciò non sono adeguate a designare la
zona di resistenza assoluta, che appare come il reale irriducibile, non
potendosi ridurre né alla trascendenza-immanente né alla immanenza-trascendenza.
Converrebbe, per designare questa zona di resistenza assoluta, la parola
“sacro” in quanto concilia la trascendenza immanente e
l’immanenza trascendente. Il sacro permette l’incontro tra il movimento
ascendente e quello discendente dell’informazione e
della coscienza attraverso i livelli di realtà e di percezione.
Questo incontro è la condizione ineludibile della nostra libertà e della nostra
responsabilità. In questo senso, il sacro appare come la
sorgente ultima dei nostri “valori”. E’ lo spazio di unità
tra il tempo e il non-tempo, il causale e l’a-causale.
C’è unità aperta delle domande nella
molteplicità delle risposte, perché il “sacro” è la domanda.
Le diverse religioni, così come le correnti
agnostiche e atee, in un modo o nell’altro si definiscono in rapporto alla
questione del sacro. Il sacro, in quanto esperienza, è
la sorgente di un atteggiamento trans-religioso. La trans-disciplinarietà non è
né religiosa né areligiosa: è transreligione. E’ l’atteggiamento
transreligioso, derivato da una trans-disciplinarietà vissuta, che ci permette
d’imparare a conoscere e apprezzare la specificità
delle tradizioni religiose e areligiose che ci sono estranee, per meglio
percepire le strutture comuni che le fondano e arrivare così a una visione
transreligiosa del mondo.
L’atteggiamento transreligioso non è in
contraddizione con nessuna tradizione religiosa e nessuna corrente agnostica o
atea, nella misura in cui queste tradizioni e queste correnti riconoscono la
presenza del sacro. Questa presenza è infatti la
nostra trans-presenza nel mondo. Se fosse generalizzato, l’atteggiamento
transreligioso renderebbe impossibile ogni guerra i religione.
La fine punta del trasculturale arriva al transreligioso. Per una curiosa coincidenza storica, la scoperta della “Venere di Lespugne” avvenne nel 1922, due anni solo dopo lo scandalo della “Principessa x” di Brancusi, scultore espulso dal salone degli Indipendenti a Parigi, per oscenità. I critici d’arte scoprirono stupefatti la somiglianza incredibile tra una scultura paleolitica e quella del più innovatore dei creatori dell’epoca, che fu poi riconosciuto come il fondatore della scultura moderna.
Venere Lespugne - Venere di Brancusi
Brancusi come l’autore anonimo della
Venere di Lespugne cercavano di rendere visibile l’essenza invisibile
del movimento. Tentarono, attraverso la loro propria cultura, di rispondere alla questione del sacro, di rendere visibile l’invisibile. Nonostante i millenni, le forme uscite dal loro essere interno hanno una somiglianza
stupefacente. L’atteggiamento transreligioso non è una semplice proiezione
utopistica: è inscritta nelle profondità del nostro essere.
Attraverso il transculturale, che sfocia
nel transreligioso, la guerra delle culture, minaccia sempre più presente nella
nostra epoca, non avrebbe più alcuna ragione
d’esistere. La guerra delle civilizzazioni non avrebbe
luogo se l’atteggiamento transculturale e transreligioso trovassero il loro
giusto posto nella modernità.